14 Luglio 2019Venerdi scorso, 12 luglio, la Direzione Generale dello Spettacolo dal Vivo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha notificato le assegnazioni del FUS (Fondo Unico dello Spettacolo), ambito Teatro, per l’anno in corso.
Fondazione ERT ha ricevuto un’assai positiva valutazione per il suo operato. Coronando il percorso di costante incremento del punteggio complessivo attribuitole dall’avvio della riforma del sistema teatrale nazionale ad oggi (2015 = 73,76 punti / 2016 = 80,20 punti / 2017 = 88,11 punti / 2018 = 91,69), in base alle nuove tabelle valutative, con i suoi 95,85 punti ERT è pubblicamente riconosciuto come il primo Teatro Nazionale del Paese. Un traguardo importante, raggiunto grazie al sostegno costante e attento dei soci, all’impegno diuturno e appassionato dei dipendenti, alla generosa disponibilità degli artisti che hanno scelto di abbracciare il progetto della Fondazione, così come al vivace apporto della fitta rete di interlocutori locali, nazionali e internazionali (teatrali, ma non solo) con cui da decenni ERT dialoga nel quadro di un sistema artistico-culturale mobile e aperto, sensibile alle esigenze del territorio, ma in costante rapporto con il più vasto orizzonte del Paese e della scena internazionale.
In termini di riparto delle assegnazioni, però, l’esito risulta sconcertante, e con effetti paradossali. Infatti, a fronte dell’apprezzamento della qualità e della dimensione quantitativa dell’operato dell’ente, quando siamo oltre la metà della gestione corrente, con impegni già fissati per la conclusione dell’esercizio, ERT patisce un taglio pesante per il secondo anno consecutivo. Dopo la decurtazione subita nel 2018 di € 68.561,00 (ridotta a € 35.090,00 con la seriore integrazione disposta dal signor Ministro Bonisoli), per il 2019 (anno, tra l’altro, del primo aumento del 5% delle retribuzioni dei lavoratori dello spettacolo in base al rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale) la Fondazione riceve un contributo di € 1.858.212,00, registrando così un taglio di € 91.476,00 rispetto al contributo dell’anno precedente. Anche in questo caso il risultato si inscrive purtroppo in una ormai consolidata tendenza post-riforma. Nel periodo 2014-2018 ERT Fondazione (dal 2016 il terzo Teatro Nazionale italiano per punteggio, e dal 2017 il secondo), a fronte di aumenti percentuali di contributo di altri teatri affini svarianti da +50% a +134%, così come a fronte di un vertiginoso incremento della propria attività, ha infatti registrato un aumento della contribuzione statale dello 0,42%.
È inaccettabile che in un Paese civile l’entità del pubblico finanziamento a un Teatro Nazionale sia come sempre comunicata ai soggetti destinatari a metà dell’anno di gestione in corso, perché si tratta di una mancanza di considerazione che rivela la totale incomprensione del ruolo cruciale che la cultura può e deve rivestire nella vita di una nazione e di un popolo.
Ma, alla prova dei fatti, del tutto inefficace risulta poi essere anche il meccanismo di riparto delle risorse. Posto che il criterio su cui si regge l’attuale sistema di distribuzione del FUS dovrebbe essere di carattere competitivo – e conseguentemente meritocratico –, risulta difficile riuscire a giustificare il taglio patito da una struttura di cui si riconosce l’eccellenza quali-quantitativa mentre altri soggetti con punteggi inferiori vedono aumentare il proprio finanziamento.
Per un verso su questa decurtazione pesa sicuramente l’esiguità delle risorse messe a disposizione del sistema teatrale nazionale, palesemente insufficienti a ricoprire il fabbisogno di quella mole di attività che la logica competitiva del tutto ingiustificatamente ha generato in questi ultimi anni (per il 2019 l’ammontare globale del FUS è di € 345.966.856,00 con un aumento rispetto lo scorso anno di soli € 2.025.058,00). Una penuria di risorse, per inciso, che ancora una volta è spia del totale disinteresse in cui versano la cultura e segnatamente il teatro in Italia.
Ma a questa insufficienza di risorse si associa anche un meccanismo di riparto dei finanziamenti altrettanto palesemente inefficiente, per non dire “sbagliato”, dal momento che con ogni evidenza premia, nei fatti, gli ottimi risultati con dei tagli. Non è certo intenzione di questa denuncia mettere in discussione l’opportunità di applicare meccanismi competitivi, né si intende rifiutare le logiche valutative, né tantomeno sollevare dubbi circa la correttezza procedurale dell’attribuzione, ma se con la competizione e con la valutazione ci si deve confrontare bisogna davvero che il merito riconosciuto venga (e vada) premiato. Prima ancora che per la tutela degli interessi di una struttura, per quanto importante e cara, il profondo rispetto che si deve al lavoro teatrale e la consapevolezza di avere in cura, almeno in parte, la gestione di un bene comune prezioso come il teatro (insostituibile dispositivo generatore di comunità e socievolezza), uno dei valori fondativi della nostra identità culturale italiana ed europea, impongono di pretendere ragione di quanto sta accadendo nella quasi assoluta mancanza di attenzione da parte dei più, perchè si apra un confronto serio, e ne derivino azioni di cambiamento.