Partecipando a convegni e dibattiti: stimoli, spunti di riflessione, e qualche gratificazione
In questi mesi ho avuto modo di seguire più agevolmente momenti di confronto e di approfondimento, relativamente a questioni di cui mi ero interessato nella mia esperienza parlamentare: per tenersi aggiornati, per recuperare il senso, e una valutazione prospettica, sulle decisioni cui si è contribuito, o che si sono a suo tempo contrastate, oltre che per trovare stimoli e spunti di riflessione nuovi da sviluppare.
A partire da un Convegno per ricordare la figura del sociologo Achille Ardigò, alle cui forti sollecitazioni in tema di umanizzazione della sanità, e sul valore della partecipazione, non ho potuto non collegare, con la memoria, una scelta compiuta quando fui assessore regionale alla sanità. Infatti con la legge di riforma n. 19 del 1994 di riordino del servizio sanitario regionale, furono previsti (art. 16) comitati consultivi misti per il controllo di qualità delle prestazioni e circa il funzionamento del sistema, con il coinvolgimento, maggioritario, dei cittadini e delle associazioni di difesa dei diritti degli utenti, insieme a personale medico, infermieristico e di esperti espressione delle Ausl e delle Aziende ospedaliere: una disposizione, per quei tempi, di grande innovazione e civiltà, e che ancora oggi mantiene grandi potenzialità per concorrere a ridurre le conflittualità tra medici e pazienti, e per migliorare l’assistenza.
Capita poi di sentirsi chiedere se la disposizione sul “contrasto di interessi”, su cui avevo ottenuto la condivisione, ma rimasta al palo per l’affondamento della delega fiscale operato dal centro destra per calcolo elettorale sul finire della precedente legislatura, potrà ancora concretizzarsi: e qui avrei una buona notizia, perché la Camera proprio la scorsa settimana ha approvato un testo di legge delega per la riforma fiscale, che si incentra soprattutto sulla riforma del catasto, il monitoraggio dell’evasione, la semplificazione fiscale e la revisione del sistema sanzionatorio, riprendendo molti dei contenuti già in precedenza elaborati tra Camera e Senato. In particolare, nell’ambito della lotta all’evasione, si stabilisce che dovrà poi essere favorita l’emersione di base imponibile anche attraverso il contrasto di interessi, recuperando integralmente la disposizione a suo tempo proposta da me come relatore: “definire le linee di intervento per favorire l’emersione di base imponibile, anche attraverso l’emanazione di disposizioni per l’attuazione di misure finalizzate al contrasto d’interessi fra contribuenti, selettivo e con particolare riguardo alle aree maggiormente esposte al mancato rispetto dell’obbligo tributario, definendo attraverso i decreti legislativi le più opportune fasi applicative e le eventuali misure di copertura finanziaria nelle fasi di attuazione” (ora art. 3, lettera e). Ma il condizionale è d’obbligo, non tanto per la successiva lettura del Senato, dato che nella discussione si è tenuto uno stretto raccordo tra le competenti commissioni delle due Camere, quanto per la incertezza delle prospettive politiche: pare quasi esserci un sortilegio infausto, posto che ogni qualvolta la prospettiva di pervenire a importanti riforme in tema di fisco si fa concreta, un evento esterno, imprevisto ed ultroneo, rimette tutto in discussione, e costringe a ripartire da zero.
Infine, ho partecipato di recente ad un interessante confronto organizzato dalla UILCA (UIL settore Credito, Esattorie e Assicurazioni) in tema di Banche popolari. Invitato perché firmatario di un disegno di legge di riforma delle banche popolari e del credito cooperativo (A. S. 709), e perché proponente, insieme ad altri, di alcune misure entrate nell’ultima legge di stabilità, riguardanti l’innalzamento del tetto massimo di quote azionarie che è possibile detenere, e un aumento delle deleghe, fino a un massimo di dieci, lasciando agli statuti delle singole aziende autonomia di scelta entro il range fissato dalla norma. Disposizioni utili, ma non risolutive, almeno a parere del Governatore della Banca d’Italia, rispetto alla esigenza (che investe tutto il sistema bancario) di rafforzare in termini patrimoniali le Banche popolari, specie le quotate, e di innovare sui modelli di governance, per non incorrere in censure in tema di rispetto della concorrenza e trasparenza della gestione. Criticità che, se non raccolte e intelligentemente presidiate, potrebbero offrire spazi alle mai sopite intenzioni di molti mondi e interessi economico finanziari che puntano a mettere in discussione le specificità delle Banche popolari e del credito cooperativo, con la loro funzione di mutualità e di servizio del territorio, per imprese e famiglie. O quanto meno a omologare, con la loro trasformazione in SpA, le Popolari quotate alle altre banche, indebolendo così l’unitarietà e la forza di un sistema che, pur con diversità non secondarie al suo interno, rappresenta il 28% del credito nazionale, e destina il 70% dei suoi impieghi complessivi, pari a circa 400 miliardi di euro, alle piccole e medie imprese e a favore delle famiglie italiane.
Per questo insieme di valutazioni, nel mio disegno di legge, e nelle discussioni sul tema, mi ero speso per favorire una maggiore “attrattività” delle Banche popolari per gli Investitori Istituzionali, perché in grado di assicurare rafforzamento di capitali, e garanzia di investimenti di lungo periodo, prevedendo anche la possibilità di riconoscere loro, senza mettere in alcun modo in discussione il voto capitario, principio cardine della specificità delle Popolari e del credito cooperativo, una qualche forma di concorso nella supervisione strategica, come modalità funzionale a proteggere il valore del capitale apportato, e possibile fattore di stimolo ad innovazione e miglioramento gestionale, contro i rischi di autoreferenzialità del management. Apriti cielo ! Su questo c’era stata una fortissima resistenza a procedere.
Si è persa una occasione, ma si può ancora rimediare. Non solo perché il Governatore Visco a luglio ha rilanciato con forza il tema, ma soprattutto perché, di fronte alle difficoltà incombenti, diverse realtà (si guardi alla Popolare di Milano) cercano di attrezzarsi, con il rischio di una frammentazione delle soluzioni individuate. Mi ha fatto perciò particolarmente piacere sentire dall’Amministratore Delegato della Banca Popolare dell’Emilia-Romagna, dottor Luigi Odorici, pure intervenuto all’iniziativa, l’intenzione, assentita dalla Banca d’Italia, di procedere a breve ad inserire nel CdA della banca una espressione dei Fondi, come anticipazione di un percorso che muove proprio nella direzione che la mia proposta aveva cercato di sistematizzare, a vantaggio del rafforzamento dell’intera realtà delle popolari e del credito cooperativo.
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