“Un treno che attraversa la democrazia”
La realizzazione della TAV in Emilia: un’esperienza di governo della cosa pubblica che interroga anche l’oggi.
Ieri ho partecipato, a Bologna Fiere, nell’ambito di Expotunnel, all’anteprima informale di presentazione del libro che Gianni Cascone ha scritto per raccontare la “storia” della costruzione dell’Alta velocità, come si è definita in Emilia-Romagna nel corso degli anni ’90, e poi nella fase di realizzazione dei 73 km di gallerie della tratta appenninica Bologna-Firenze. Il libro, “Un treno che attraversa la democrazia”, è davvero un ottimo e utilissimo lavoro. Muovendo dalla viva voce dei tanti protagonisti di quella che nel sottotitolo viene definita “la generazione di un’opera, l’opera di una generazione”, l’autore ha avuto la capacità di cogliere, dal complesso vastissimo di elementi raccolti, l’essenza di quella che è stata l’espressione di un lavoro collettivo di straordinaria originalità e importanza, riuscendo a darne, nonostante la complessità della vicenda, una narrazione efficace, comprensibile e accattivante per il lettore.
Il racconto non è tanto una pur doverosa restituzione pubblica (che però non si fa quasi mai) della genesi e dell’attuazione di un grande, del tutto inedito, progetto di infrastrutturazione ad alto impatto territoriale, e di come le Istituzioni, Regione, province, Comuni coinvolti, forti delle competenze dei servizi di prevenzione e sicurezza per la salute, l’ambiente e la tutela del lavoro, e di pianificazione-programmazione, con le forze sociali, le popolazioni, le maestranze e lo stesso soggetto attuatore abbiano saputo interagire positivamente per conseguirne la realizzazione.
Non è neppure una celebrazione, anche se ci sono molti protagonisti che è giusto ricordare, per un meritato riconoscimento di capacità, tenacia e lungimiranza. E’ un’esperienza da conoscere e commentare soprattutto perché di significativa attualità: interroga l’oggi nel tempo della sfiducia dei cittadini e di difficoltà a decidere delle istituzioni.
La realizzazione della TAV in Emilia-Romagna è il risultato di una democrazia responsabile, partecipata e decidente. Il progetto di Alta Capacità ferroviaria che ne è risultato è, senza possibilità di contestazione, profondamente, e qualitativamente, diverso da quello di Alta Velocità come inizialmente concepito in sede di impostazione nazionale. E’ un’ infrastruttura di respiro nazionale ed europeo, che quando impatta la Regione si trasforma in un sistema per la mobilità complessiva sul territorio, che ne eleva tutti gli standard in un’ottica di sostenibilità per le merci e le persone. E’ stato un percorso democratico ampio, non breve, in cui la discussione ha determinato migliorie, anche di innovazione industriale, oltre che di rispetto paesaggistico e ambientale, che alla fine hanno facilitato, non rallentato, la realizzazione. Potrebbe, lo dico senza alcuna intenzione professorale, né intendimento provocatorio, costituire un riferimento prezioso di metodologia di approccio e gestione dei percorsi di valutazione e presidio anche per altre opere simili (penso alla Tav in Val di Susa) di cui oggi si discute solo in termini di sterile contrapposizione. Ma, più in generale, in questa stagione di così gravi rischi di restringimento e impoverimento degli spazi di democrazia, e insieme di evidenza della straordinaria difficoltà di governare la complessità, forse vale la pena recuperare il senso di un esercizio di amministrazione della cosa pubblica in cui le competenze dei professionisti, la cooperazione delle Istituzioni, il confronto dialettico e il coinvolgimento partecipativo di forze sociali, lavoratori e comunità dei cittadini si sono incrociati, e reciprocamente arricchiti culturalmente e socialmente, con risultati di innovazione e di successo.