Ricostruire la Speranza
È difficile scrivere in queste settimane conclusive del 2015, a ridosso dei drammatici fatti di Parigi, con gli altri eventi luttuosi seguiti, l’acuirsi di tensioni internazionali su vasta scala, e l’imperativo urgente di saper reagire, in modi efficaci, e come comunità internazionale, alla gravissima minaccia del terrorismo Daesh.
Difficile perché quel terrorismo sanguinario e brutale non apparirebbe così sfidante e aggressivo senza le ambiguità, quando non complicità, di Stati del mondo islamico, i “giochi grandi” delle maggiori potenze e degli enormi, opachi interessi coinvolti, e senza i finanziamenti occulti e il commercio criminale delle armi.
Difficile perché ci lascia attoniti, quasi incapaci di darcene ragione, rispetto al valore che la nostra cultura assegna alla persona e al bene supremo della vita, misurarsi con nemici che non hanno remora a sacrificarla
Si raccolgono i frutti avvelenati di politiche di “regolazione” dei focolai di tensione che hanno usato la forza delle bombe e degli armamenti per “esportare” democrazia (Afghanistan, Iraq, Libia), mentre per converso si lasciavano esasperare situazioni come quella di Israele e Palestina: tutti errori che ci presentano il conto.
E appare chiaro quanto manchi l’Europa, con una politica e una visione alta, autorevole, unitaria, pensosa degli interessi dei suoi cinquecento milioni di cittadini, anziché allinearsi subalterna a obiettivi che molto spesso non sono i suoi, e restare impigliata nell’angusto orizzonte di vincoli e compatibilità finanziarie.
C’è un silenzio assordante anche della sinistra europea, finora incapace di elaborare una propria visione critica, e soprattutto di proporre strategie, e azioni, in grado di delineare un approccio diverso per fare fronte alle sfide planetarie in termini di controllo e governo democratico dei processi di decisione, sui problemi demografici, della sostenibilità ambientale, riguardo cooperazione e redistribuzione delle risorse.
E’ tempo di grandi idealità e progetti, per suscitare speranza e mobilitare energie e intelligenze: non si può lasciare solo all’alto magistero di Papa Francesco ( e grazie che c’è ), dalla sua straordinaria Enciclica Laudato Sì, preziosa anche per le intese raggiunte dalla Conferenza sul clima, o ai suoi viaggi coraggiosi di frontiera, come quello recente in Africa, il carico di delineare, contro le storture del capitale e del mercato, un orizzonte di valori e la richiesta di un futuro migliore già nel presente e per le generazioni a venire.
Quelle idealità e moniti devono potersi incontrare con visioni politiche e culturali, e azioni o progetti per il governo delle complessità che siano davvero in grado di tradurle in interpretazioni possibili e risultati concreti: sotto questo profilo, ognuno, e tutti, sono sfidati, e chiamati a precise assunzioni di responsabilità.
Qui sì che occorre andare veloci, perché si sono accumulati ritardi, insieme agli errori, e c’è l’urgenza di approntare rimedi, anche solo intanto parziali, in attesa che risultino definitivi. Non è vero che ormai destra e sinistra sono distinzioni superate, e che si può solo proseguire nell’applicazione del pensiero unico dominante e omologante, respingendo ai margini le radicalità di posizioni estreme, a destra e sinistra.
I fatti drammatici di Parigi, con molti altri segnali, ci dicono che ovunque, ma almeno in Europa, non si è ancora stati in grado di elaborare risposte soddisfacenti al tema impervio di come far convivere culture, tradizioni, e sensibilità religiose tra loro diverse, e anche con potenziali aspetti di dialettica divaricante, senza che questo produca rigetto, e intolleranza, e d’altra parte ghettizzazione, e rancori, generando conflitti. Va evitato, nel combattere la barbarie, che si pongano vincoli troppo stretti alla nostra vita privata.
Bisogna dunque sperimentare modelli improntati a concezioni degne del vivere in democrazia, dove si considerano tutte le persone portatrici della stessa dignità, ma anche obbligate al reciproco rispetto delle regole. Ci vuole un grande investimento ( fatto anche di risorse ) in umanesimo, e un’azione di lungo respiro, perché senza un’acculturazione diffusa e consapevole non si danno le condizioni per riconoscere le differenze, apprezzarle, e per costruire comunità davvero interculturali, interreligiose, e perciò effettivamente integrate e coese. Cammino difficile, che però non ha alternative: perché, altrimenti, dal punto di vista politico, la situazione che viviamo nell’oggi rende molto più forti i movimenti e i partiti della destra xenofoba, che come si vede guadagna terreno, e costituisce un pericolo evidente per la democrazia.
Occorre dare speranza, ricostruendo una fiducia, che permetta a uomini e donne di ritrovarsi attorno a idealità e impegni comuni: ma c’è da risalire molto la china, se si considera che, come documenta una recente ricerca dell’ISTAT, solo due persone su dieci si fidano degli altri!
Come, cosa fare per non perdere la speranza che si possa essere diversi, vivere con disposizione d’animo verso gli altri, rispettare se stessi, gli altri, le diversità ? Solo con l’educazione, più precocemente possibile, si può formare il cittadino. Un Cittadino: cioè persone consapevoli della loro originalità, della propria inviolabile dignità, dei loro diritti e doveri, e che riconoscano a ciascun altro le stesse prerogative.
Ecco, mi piacerebbe che questi temi, nel profilo con cui forse confusamente ho cercato di inquadrarli, vivessero con intensità e passione nel dibattito politico e culturale interno al PD, e permeassero la società italiana ed europea, arricchendo una narrazione troppo appiattita sulle contingenze, sull’economicismo, sui tatticismi. Impostato così anche il confronto spesso deludente e poco comprensibile tra maggioranza e minoranza del partito ne riceverebbe alimento e spessore: perché per approcciare le sfide culturali sopra richiamate anche gli arnesi da lavoro della sinistra, pur non esaustivi, potrebbero rivelarsi ancora preziosi.